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Il Mondo magico e misterioso di Kyoji
Nagatani
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La
filosofia di Kyoji Nagatani, quella che è alla base della sua arte,
ha radici nella Grecia antica . Per spiegarla in due parole basta citare Platone,
la cui idea dell'arte era la mimesis,
riproduzione dell'originale, dove tuttavia per Platone
l'originale non era l'apparenza dell'oggetto fisico, ma l'idea pura retrostante,
la sua essenza.
Ma l'arte è anche creazione di un mondo alternativo potenzialmente
condivisibile, un mondo che deve avere un suo ordine e deve contenere strutture
riconoscibili dagli altri.
Quindi
l'arte è ordine ed essenza dell’idea.
Prende così corpo
il progetto di un'opera in cui ordine, bellezza, eleganza e
sintesi, siano irrinunciabili. Siano cioè lo scopo di
tutto quello che va immaginato, ricercato con ostinazione
e tenacia, ma sempre con serenità e fiducia.
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Il
processo creativo di di
Kyoji Nagatani non è segreto.
Tutt'altro.
Egli non ama
concentrarsi e lavorare nel silenzio
e nella solitudine.
Il suo laboratorio
ideale è proprio la fonderia d'arte con la sua vita antica
animata dalla presenza di artisti,
dagli stridori di abrasione sul bronzo, dai colpi ritmati di bulino, dallo sfrigolio della saldatrice elettrica
o dal sibilo della fiamma ossiacetilenica.
Sono rumori di un opificio
vero, solo un poco ovattati dalla polvere di gesso che imbianca tutto come la neve.
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L'idea
dell'opera parte da un disegno, tracciato con pochissime linee essenziali e straordinariamente
eleganti.
E' un disegno di scultore vero, vibrante, incisivo ed artisticamente conclusivo … ma per
lui è solo l'inizio.
Eccolo che sagoma
blocchi di polistirolo e poi li assembla con il gesso. I volumi cominciano così ad alzarsi nello
spazio con
una sbalorditiva cura e precisione esecutiva che, oltre
alla perfezione dell'opera, affascina nel suo svolgersi per la
somiglianza più a un rituale religioso che a un trafficare intorno alla
materia.
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Kyoji talvolta
ama soffermarsi per parlare del modello che sta creando.
E’ in questi
momenti che si scopre la profondità del suo pensiero,
la sua tensione nell’evocare sentimenti, simboleggiare valori, spiegare
contrasti formali tra caos e ordine.
Si impara a conoscere
la sua grandezza di uomo che stupisce noi occidentali per il suo sentimento di
sacralità della natura in tutte le sue parti,
probabile eredità dell'antico scintoismo giapponese.
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Per Kyoji
il rapporto di un'opera in bronzo e lo scultore non si conclude con il modellato
ma al contrario si rafforza nel rifinire la fusione.
Eccolo allora
nel reparto bronzi con occhiali di protezione, guanti, lime, bulini,
con la pelle ricoperta di limatura di bronzo, attendere con
fervore e assoluta padronanza della materia anche alle ultime fasi
della nascita dell'opera.
Così
le opere sono sì oggetti, ma da curare e preservare sia per
la loro bellezza e preziosità che
per l'essere contenitori dell'umanità che l'artista vi ha profuso
nel
crearli. Si può dire in un certo senso che essi possiedono
caratteristiche che ne fanno qualcosa di simile ad esseri viventi a cui
affezionarsi e legarsi personalmente.
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A
questo proposito, lo ricordo anni fa rispondere agli alunni, in occasione di una visita scolastica alla fonderia ,
alle domande sul lavoro dell’artista e sulle sue opere.
Mentre spiegava il
significato di un'opera presente nel cortile, una "triade" del 2002 dal titolo
il "trono del silenzio" … invitò gli alunni a sedersi al centro del
rono: se fossero stati in silenzio, avrebbe udito nitidamente il respiro della
natura!
I
bambini furono molto coinvolti in quella esperienza misteriosa e
…. le maestre faticarono molto a riportarli a scuola.
Dopo
alcuni anni quest'opera venne posta nella piazza Don Civilini a
Pioltello e da allora si vedono bambini che con falsa
noncuranza si siedono al suo interno e stanno ad
ascoltare: tutti sanno ormai che lì si sente un rumore profondo e
lontano, di qualcosa di indefinito e immenso …. in fondo il
mistero è il territorio non solo della religione, ma anche
dell'arte.
Questa è la sintesi della natura di Nagatani,
un artista col cuore da bambino che ascolta la natura parlare, e che sa come infondere
queste sue emozioni ai propri lavori.
Guido
Pagani
febbraio 2010
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